Italia a piedi e giro del mondo in solitaria: la vita in viaggio di Darinka Montico

Il nome è esotico ma è italianissima. 37 anni, nata e cresciuta a Baveno, sul Lago Maggiore, e nomade dall’età di 19. Dopo aver vissuto ed essersi inventata decine di lavori all’estero per 16 anni, Darinka decide di tornare in Italia e vivere il suo grande sogno: viaggiare, fotografare e scrivere. Una delle poche donne ad aver attraversato l’Italia a piedi, da sud a nord, è ora partita per un’altra avventura: il giro del mondo in bicicletta in solitaria. Darinka MonticoCiao Darinka, che origine ha la viaggiatrice che è in te e qual è la sua storia?
Per quanto riguarda la viaggiatrice che in me, a parte il lato genetico, ovvero il mio Gene Wanderlust che è sicuramente nel mio Dna, è molto semplice: mio padre fin da piccola mi portava in giro, e intorno ai 13 anni andammo a fare un weekend a Londra. Sulle scale mobili di Leicester Square rimasi incantata dal fatto che in quei pochi secondi, stando ferma, vedessi il mondo passarmi davanti, gente di ogni luogo e razza e colore. Appena presi il diploma partii, destinazione Londra, dove mi laureai in Fotografia, e fino al 2014, quando decisi di tornare a casa per conoscere il mio paese non feci ritorno, rimbalzando un po’ qua e un po’ là per il globo inventandomi una miriade di lavori assurdi, cercando di assorbire tutto quello che il mondo aveva da insegnarmi, l’unica cosa che ho davvero imparato è che non si finisce mai d’imparare.

Nel 2014 hai attraversato l’Italia a piedi da Palermo a Baveno, sul Lago Maggiore, senza un soldo in tasca, chiedendo ospitalità: com’è nata l’idea?
L’idea nacque molto tempo fa, in realtà, ero in Laos, stavo leggendo un libro di Valerio Massimo Manfredi che parla di un lunghissimo viaggio a piedi di un esercito per tornare a casa. E ho proprio pensato: “ma che figata! A piedi ti succedono un sacco di cose!”. C’era appena stato il terremoto in Abruzzo e pensai di farmi l’Italia a piedi per raccogliere fondi per il terremoto. Mandai un po’ di email a diversi enti per la raccolta fondi, con risultati molto scarsi e accantonai il progetto, nonostante mi sia rimasto in testa. Un bel giorno invece, un paio di anni fa, ero ritornata a Londra dopo anni, perchè il mio ragazzo voleva viverci e non ci era mai stato, lo accontentai e trovai lavoro come massaggiatrice di teste dei giocatori di poker ai casinò. Lui mi chiese di sposarlo, io al settimo cielo gli dissi di sì, e dopo un mese mi lasciò senza spiegarmi ne perchè ne per come, e mi ritrovai a fare un lavoro assurdo a 33 anni, rendendomi conto di aver abbandonato i miei sogni…Darinka Montico7La maggior parte delle persone crede che una donna che viaggia da sola non dovrebbe dare confidenza o fiducia a degli sconosciuti: qual è la tua esperienza?
In generale, donna o meno, credo che la frase: “non parlare con gli sconosciuti” sia una delle più nocive al mondo. Se non si da confidenza a chi non si conosce non si fa altro che ripetere le stesse cose, con le stesse persone all’infinito, routine, e credo che la routine non porti a una crescita di spirito. Non c’è meraviglia, non c’è quel sentirsi eccitati come bambini quando si vede e conosce qualcosa di nuovo, e in viaggio invece questa è una costante. Una costante che a lungo andare distende il tempo e trasforma i giorni in mesi e viceversa allungandoti la vita e rendendoti felice di aver scoperto qualcosa o qualcuno di nuovo ogni giorno!
Ma soprattutto senza conoscere sconosciuti diventa difficile liberarsi dai pregiudizi. Si tende a mettere il diverso in scatole da etichettare in modo che non possano darci fastidio. Mentre invece se ci impegnassimo a conoscerle, anche con la persona più diversa scopriremmo di avere molto in comune, oppure no, ma magari le sue visioni possono espandere le nostre.

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Si pensa anche che non sia possibile viaggiare senza soldi ma tu ce l’hai fatta: in che modo? Come ti sei organizzata?
Beh nel mio caso sono stata una viaggiatrice molto “social”, nel senso che prima di partire ho creato il blog “Walkaboutitalia” e ho cercato di promuoverlo, cosí facendo ho attirato l’attenzione di qualche giornale, e come un sasso buttato in acqua, le onde si sono espanse fino ad arrivare alle testate nazionali che hanno parlato del mio viaggio, permettendomi di entrare in contatto con tantissimi followers che mi hanno invitato un po’ ovunque. Poi utilizzavo molto Couchsurfing (avevo un iPad e un amico mi ha sponsorizzato le ricariche internet per 6 mesi prima che partissi e una volta finita, dato che il viaggio ne è durato sette, ho postato la notizia su Facebook e da i miei seguaci, in pochi minuti, mi sono arrivati 70 euro di ricarica), i ritagli degli articoli di giornale erano utili per entrare gratis nei musei, attraversare lo Stretto di Messina, e anche per farmi ospitare in strutture alberghiere gratuitamente. In Calabria molto passaparola e un’ospitalità incredibile, e spesso approcciare sconosciuti per strada. In sette mesi ho mangiato quasi tutti i giorni e dormito all’aperto solo una manciata di giorni!

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Quali sono state le sfide più grandi che hai dovuto affrontare durante quel viaggio?
Il primo passo. Certamente la parte più insormontabile è stato il prima, tutte le paure e insicurezze pre partenza. Una volta in strada mi sono accorda che c’era ben poco di cui aver paura. qualche cane randagio, camminare nelle gallerie, qualche marpione ma mai niente di serio.

Cosa ti ha lasciato quella lunga esperienza, durata 7 mesi, in solitaria?
La certezza che la nostra vita dipende da noi. Non mi troverò mai più a lamentarmi se sto facendo qualcosa che non mi piace perchè se lo facessi -ora so- che l’unica responsabile sarei io e anche l’unica a poter cambiare la situazione. Quindi anche se ora vivere di quello che scrivo non è per niente facile, non m’importa di guadagnarci molto, m’importa di vivere il presente e sono felice come non lo sono mai stata. Mi ha fatto capire che se già da oggi ci comportiamo come se vivessimo nel mondo che sogniamo esso si adatta al nostro comportamento. Mi ha fatto capire che Dio esiste, non nel senso cristiano del termine, ma di quel qualcosa di più grande di noi, che noi umani non possiamo avere l’arroganza di pretendere di capire, c’è e quando siamo sulla strada giusta ci manda dei segnali chiari, le chiamo pietre miliari, anche se spesso appaiono come semplici botte di culo. Come al contrario, quando stiamo facendo quello per cui non siamo stati destinati ci andrà tutto storto.

Dopo la pubblicazione del tuo libro Walkaboutitalia, storia del tuo lungo viaggio a piedi in Italia, hai percorso 6.000 km in bicicletta lungo tutta la penisola per fare promozione e raggiungere i tanti luoghi che ne hanno ospitato la presentazione: come cambia il viaggio se affrontato su due ruote?
All’inizio ho odiato la bicicletta, ero abituata ad andare a piedi e continuavo a fare paragoni, come quando stai con un ragazzo nuovo ma sei ancora innamorata dell’ex e continui a metterli a confronto nella tua testa, non godendo di quello che hai a disposizione. CI sono voluti 3000 km in bici per iniziare ad amarla. Ora l’adoro. Ho una bicicletta nuova, siamo arrivate fino in Irlanda un paio di settimane fa ed è stato un viaggio meraviglioso, ovvio devi essere più vigile mentre pedali, più altruista, siete in due in strada e la bici richiede attenzioni, ma i chilometraggi sono ben diversi, e anche se fotografare diventa quasi un peso perchè richiede pause continue, si riesce ad assorbire il mondo ugualmente.

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Ora sei impegnata in un’altra grande avventura: il giro del mondo in bicicletta in solitaria. 5 anni di viaggio e un nuovo progetto: ‘The Never Ending Road’. Cosa ti spinge a partire per un viaggio così lungo?
A dire la verità è un tentativo di trovare dimora. Un po’ come Dorothy nel mago di Oz: cerco casa. Lo so che può sembrare un paradosso, ma conoscendomi ora sono certa che non sarei felice in pianta stabile perchè c’è ancora troppo la fuori da vedere, quindi spero che questo bel viaggione mi sazi per un po’. In inglese si dice “itchy feet” che ti prudono i piedi se non sei in viaggio, quando hai la sindrome della zingara, come me, dunque spero che con questo lungo viaggio, anche se poi mi fermassi per un po’ i piedi non mi pruderebbero più. E poi appunto, ho vissuto in molti paesi, ma non credo di aver ancor trovato il luogo “definitivo” dove voler spendere il resto dei miei giorni. In ogni caso sono assolutamente consapevole che si tratta di Utopia.. nel senso che so che anche una volta trovato il posto, più che una dimora fissa, sarebbe più che altro una base alla quale ritornare.

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Nel frattempo è uscito il tuo nuovo libro dal titolo Mondonauta: il tuo nomadismo nella vita, nel lavoro, nelle esperienze come filo conduttore?
Si Mondonauta, per me è stato proprio un bell’esperimento, innanzitutto per il modo in cui è scritto, si tratta certo di un diario di viaggio, ma con numerosi sbalzi temporali e interconnessioni tra queste due storie di viaggio che scorrono su binari paralleli, come due fiumi in piena che di tanto in tanto si scambiano le acque, tanto da renderlo quasi un romanzo più che un semplice libro di viaggio. Secondariamente perchè mi sono reinventata editrice, dopo il mio incontro/scontro con quella che è l’editoria tradizionale ho scoperto che per un nuovo autore, se vuole quanto meno sopravvivere, non basta soddisfare l’ego di trovarsi in Libreria nella sezione viaggi, (magari di fianco a Terzani) ma bisogna cercare di trovare un contatto diretto con i propri lettori, e questo nuovo libro spero riesca a farlo utilizzando la rete e il passaparola. In ogni caso sono felice di avere un pubblico che non è quello tipico che si strafoga delle informazioni che ci propinano i mezzi di comunicazione di massa ma che, tutt’altro, ricerca, trova e approfondisce. Mondonauta è un libro per loro. Più che un filo conduttore di nomadismo è un espressione di libertà estrema sia nello stile letterario che nell’anticonformismo dei canali di distribuzione.
Ci tengo a ricordare che non credendo nei semplici crowdfunding per sponsorizzare imprese di viaggio, Mondonauta è il mio modo di raccogliere fondi per il mio giro del mondo e che, acquistandone una copia, oltre a portarvi a casa un gran bel libro mi state effettivamente regalando un giorno di strada, sulla quale raccoglierò molte altre storie che con enorme piacere, giorno dopo giorno, racconterò sul mio nuovo blog.

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C’è un viaggio, più di altri, a cui devi quello che sei diventata oggi?
Il prossimo..

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