Viaggiare sviluppa l’intelligenza emotiva?

Parlare di intelligenza emotiva e viaggio è un po’ come prendere la via meno battuta in presenza di un bivio: il mondo si vede da un’altra prospettiva. Abituati a pensare all’intelligenza come quoziente intellettivo, capacità logiche e matematiche, dimentichiamo di essere invece portatori di due menti: quella razionale e quella emozionale.

Che cos’è l’intelligenza emotiva, a cosa serve e perché ha a che fare con il viaggio?

L’intelligenza emotiva è l’intelligenza al servizio delle emozioni. O meglio, è l’intelligenza delle emozioni. Segue l’uomo fin dalle sue origini, ne ha favorito la sopravvivenza in ambienti ostili ed ha contribuito ad elaborare strategie che sono alla base dell’evoluzione umana. Prima del ‘cervello pensante’ esisteva il ‘cervello emozionale’. Prima del pensiero, esistevano le emozioni.

Gestire le proprie emozioni per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo ed entrare in empatia con il mondo esterno sono tra le conseguenze di una mente emozionale ben funzionante. Buon rapporto con se stessi, buon rapporto con gli altri. Un alto quoziente intellettivo senza un buon uso delle emozioni (paura, rabbia, felicità, tristezza, sorpresa, disgusto) potrebbe restare a terra, come un aereo che non decolla mai.

Si, ma il viaggio cosa c’entra?

Il viaggio è un acceleratore. Seduti sul divano di casa succede poco o niente, c’è sempre una zona comoda in cui poter dire ‘va bene così, ci penso dopo’. Trovarsi invece a zonzo per il pianeta, con un passaporto in tasca e una massiccia dose di ‘imprevedibile’ da gestire, accende le emozioni e, con esse, la necessità di governarle in tempi brevi.

Resta poi un mistero perché si riesca ad avere molto chiaro quello che noi facciamo con i luoghi e rimanga un po’ nell’ombra quello che i luoghi facciano con noi. Per esempio, cambiarci. Per esempio, sviluppare l’intelligenza emotiva.

viaggio e intelligenza emotiva

PERCHE’ VIAGGIARE SVILUPPA L’INTELLIGENZA EMOTIVA

IL GIUDIZIO ALTRUI NON MI CONDIZIONA 

E se ci fosse un’altra moneta da spendere oltre a quella del giudizio? In viaggio te ne accorgi subito: se giudichi non conosci. Se giudichi resti fuori dalle cose, dagli incontri, dalla possibilità di crescere. Vedere il giudizio da un’altra prospettiva ti rende consapevole della sua stessa natura, di come sia un’impalcatura del pensiero e di quanto serva a proteggerti da ciò che, semplicemente, è diverso da te. Praticando l’assenza di giudizio saprai scrollarti di dosso quello altrui. E’ un’espressione umana, come tante, ma non ci resterai impigliato dentro. Essere emozionalmente intelligenti significa anche questo.

TEMPO PER DARE NOME ALLE EMOZIONI 

La differenza tra essere schiavo delle tue emozioni ed essere invece consapevole di quando ti travolgono sta anche nel tempo che ti dai per decifrarle, per dare loro un nome. Il viaggio ti regala molto tempo per farlo, ti rilassi, diventi introspettivo. Puoi sondare il tuo interno così come fai con l’esterno. E in certi momenti ti sembra tutto chiaro: quello che provi, dove sono i tuoi limiti, come fare per superarli. Dare un nome alle emozioni significa conoscerle, fare spazio e ordine nelle tue zone periferiche, che spesso attraversi senza farti troppe domande.

FOTOGRAFIA E IMPULSI        

Fotografare richiede un’attenzione un po’ speciale. Onorare alcune regole di base, avere un po’ di competenze in materia. Inquadrare la realtà nel tentativo di riprodurla è un atto di sensibilità e rispetto nei confronti di ciò che attira la tua attenzione. Imparare a non invadere l’altrui privacy con scatti a raffica ravvicinati, anche davanti ad una delle immagini potenzialmente più belle che ti siano capitate, significa saper controllare i tuoi impulsi in vista di una gratificazione diversa e forse più grande: godertela più tardi, gustando il sapore di quella piccola rinuncia in nome del rispetto.

TENERE I NERVI SALDI               

Più imprevisti ti capitano e più impari a gestirli, a stare calmo davanti a ciò che chiede una soluzione immediata. Il controllo delle emozioni è funzionale alla riuscita del viaggio stesso. Trovarsi in una terra straniera, lontani dal nostro ambiente quotidiano, riduce il potere di controllare gli eventi esterni. Si può invece fare molto con quelli interni. Potresti scoprire di avere risorse sconosciute, la capacità di fronteggiare qualsiasi situazione senza perdere la calma, la forza anche di ridere, perché no, quando tutto sembra andare a rotoli.

IMMEDESIMAZIONE   

Ovvero empatia. Muovendoti per il mondo hai capito che le emozioni sono universali, che le espressioni di un viso per esprimere la gioia o la paura sono le stesse a Roma come a Kathmandu. Immedesimarsi, mettersi nei panni altrui, interpretare le emozioni sono abilità tipiche del viaggiatore. Ed è un lavoro a quattro mani: mentre capisci le emozioni altrui ti sono chiare anche le tue, e viceversa. Essere empatici con gli altri e con se stessi è uno dei pilastri dell’intelligenza emotiva e forse la strada giusta per la felicità.

COME IN VIAGGIO, COSì A CASA         

Mi sono già sentito come mi sento ora? Come ho reagito in quell’occasione? Posso ripetere? Quando torni a casa non puoi fare a meno di ritornare con la mente a quello che hai vissuto: le emozioni, le strategie che hai usato per controllarle, per uscire dai guai. Il viaggio non finisce mai, quello che vivi nella breve o lunga parentesi lontano da casa, poi, a casa, si ripete. C’è un sottile filo rosso che unisce l’immagine di te alle prese con il viaggio e l’immagine di te alle prese con la vita. Ripercorrerlo è imparare da te stesso.

Sul tema delle abilità e delle competenze che si sviluppano viaggiando puoi leggere anche ‘5 cose che impari viaggiando che puoi usare anche a casa‘.

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