Il giro del mondo in moto di Gionata inizia nel 2005. Parte con 2.200 euro in tasca, senza patente internazionale e senza visti. Dopo 8 anni di viaggio, 270.000 km percorsi e 50 paesi visitati torna in Italia scrive il suo primo libro. Per tutti quelli che, come lui, hanno scelto la moto come strumento di libertà.
Ciao Gionata, quando inizia la tua storia di viaggiatore?
La mia storia inizia a 17 anni quando leggo per puro caso “Sulla strada” di Jack Kerouac. Dopo quella lettura deciderò di realizzare il giro d’Italia in autostop con 150.000 lire, l’anno successivo in bicicletta e nel 2005 in moto.
Quando è arrivata la passione per la moto?
E’ una passione di famiglia, mio padre quando ero piccolo mi portava con sé nelle campagne toscane in sella alla sua moto. Quando lui l’ha abbandonata io ho preso il mio primo usato tutto scassato.
L’8 maggio 2005 sei partito per un viaggio che ti ha visto toccare 5 continenti e percorrere 270.000 km in sella alla tua moto: come sei arrivato alla decisione?
In realtà non ci sono arrivato, 9 mesi prima della partenza ho visto “I diari della motocicletta” e mi trovavo in un momento molto difficile della mia vita, ero pieno di dubbi sul mio futuro e l’idea di vivere un’avventura con la “A” maiuscola ha prevalso su ogni altra opzione fino a quel momento disponibile e così ho deciso che me ne sarei andato via, in moto da solo, i numeri che hai elencato sono venuti dopo, come conseguenza della mia scelta.
Quali paesi hai attraversato e quanto è durata la tua avventura?
50 paesi, in 8 anni consecutivi
Quale tipo di motocicletta ti ha accompagnato nel tuo lunghissimo giro del mondo?
Ho scelto l’unica moto che potessi permettermi a 20 anni. Una Honda Transalp XL600V del 1987 che ho acquistato per 800 euro usata di terza mano e che uso tutt’oggi.
Non solo viaggio ma anche esperienze di vita lavorativa per autofinanziare il tuo progetto: ti va di raccontarcene qualcuna?
Trovare lavoro è risultato estremamente immediato e gratificante, in ogni paese che ho scelto come “pausa lavoro”. Ho sempre impiegato meno di 7 giorni, pur essendo approdato in quella città per la prima volta e senza contatti. In Giappone ho insegnato inglese ai bambini dell’asilo e italiano agli studenti universitari, in Cina ho insegnato nelle scuole elementari e fatto l’indossatore, in Australia ho fatto il cameriere, il manovale e l’educatore, in Nuova Zelanda ho continuato con la carriera di educatore e in Cile mi sono dedicato al web marketing e al turismo in qualità di guida.
Come si percepisce il mondo quando si vive viaggiando?
Lo si percepisce come un posto assai più piccolo e pieno di risorse; una piattaforma in grado di offrire risposte alle domande, strumenti per andare avanti e una serie infinita di difficoltà e imprevisti utili per superarsi e crescere.
Dalla tua lunga esperienza sulla strada su due ruote è nato il libro ‘Manuale del motoviaggiatore’: quali argomenti tratti?
Sarebbe più facile dire quali argomenti non tratto. In questi 10 anni di viaggio sono stato tempestato di domande da parte di chi leggeva il mio blog e spesso molte erano specifiche e inerenti alle cose che vivevo giorno giorno in sella alla mia moto, sia per il viaggio che per il lavoro, aspetti burocratici, visti, spedizione moto, costo della vita nei vari paesi. Il Manuale del Motoviaggiatore non è nient’altro che la risposta chiara e dettagliata ad ognuna di queste domande, illustrate con oltre 200 foto, più di 100 weblink con approfondimenti e svariati aneddoti che ho vissuto in prima persona che esemplificano molti concetti spesso poco chiari. E’ un libro utilissimo e unico nel suo genere.
Quali sono stati gli aspetti più impegnativi della tua avventura in giro per il pianeta?
Ogni cosa, nella vita del nomade, è impegnativa, anche quella che a casa è piuttosto banale. Reperire scorte alimentari, un luogo sicuro dove campeggiare e un posto dove lavarsi e lavare i propri vestiti sono cose banali nel nostro paese e nel resto dell’Europa, ma quando ti avventuri nei deserti australiani, l’altopiano andino, i fiordi neozelandesi, la taiga siberiana e i tropici del centro america devi imparare a procacciare tutto ogni giorno.
Si dice che chi torna non è mai la stessa persona che è partita: tu puoi confermare questa tesi?
Il viaggio è un riflesso di vita e in entrambi i casi si compie un percorso che ci trasforma. Le esperienze di tutti i giorni, siano queste in sella ad una moto o fra le strade della propria città, sono destinate a forgiare la nostra personalità e la cognizione che abbiamo di noi e del nostro intorno. Quindi si, il viaggio mi ha cambiato, ma anche gli amici che ho ritrovato in Italia al mio ritorno non sono uguali a quando me ne sono andato. Credo di aver acquisito una familiarità con i miei limiti e il mio potenziale e nel mio vocabolario la parola “impossibile” prende sempre meno importanza.
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