Isabella: sei anni in America Latina

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Isabella Lorusso nasce ad Ostuni 45 anni fa, laureata in Scienze Politiche, trascorre sei anni in Perù insegnando italiano presso diverse sedi delle università del paese.

Spirito libero, indipendente e determinato, mi racconta la sua storia di viaggiatrice con lo sguardo di una vera pasionaria; nei suoi occhi e nella sua voce riconosco i tratti di chi ama la strada e tutto ciò che sulla strada si incontra. Dall’esperienza della suoi anni vissuti in America latina nasce “Otokongo”, libro racconto edito da Ibiskos.

1) Isabella, qual è il percorso che dalla tua terra d’origine, la Puglia, ti porta in America Latina?

Ho lasciato Ostuni nel 1986 per trasferirmi a Bologna dove mi sono laureata in Scienze Politiche, il primo grande passo è stato abbandonare la famiglia di origine e vivere in una città cosmopolita.

I primi anni ho viaggiato poco, approfittavo delle vacanze per tornare a casa, in Puglia, finchè, qualche anno dopo, ho vinto una borsa di studio per un progetto Erasmus a Barcellona per la ricerca sulla mia tesi di laurea. Sono quindi partita per la Spagna sapendo di doverci stare un anno e a quei tempi, senza Internet e senza le indicazioni che sarebbero invece disponibili adesso, si trattò di un altro passo importante e decisivo, non che di un vero e proprio viaggio dato che non conoscevo la lingua e non avevo grandi punti di riferimento.

Per la mia ricerca sono stata fortunata, ho potuto intervistare alcuni militanti della guerra civile ritornati dopo l’esilio e la mia tesi di laurea, sul tema del Partito Operaio di Unificazione Marxista, è stata pubblicata e tradotta anche in spagnolo. Ritornata a Milano per un breve periodo, dopo la fine degli studi, mi sono trasferita poi a Madrid dove ho vissuto per altri 4 anni. Mi sono iscritta ad un Dottorato di studi Latino americani ed ho iniziato a lavorare come insegnante di italiano in molte aziende e imprese locali. In quegli anni ho visitato tutta la penisola iberica via terra, con autobus e treni o in autostop, allora non esistevano ancora le compagnie aeree low-cost e ogni spostamento richiedeva intere giornate. Nel frattempo frequentavo molti gruppi legati all’America latina ed è nato un forte desiderio di conoscere da vicino quella parte di mondo; così ho inviato il mio curriculum alle Ambasciate e agli Istituti di Cultura Italiana di tutti i paesi latinoamericani e, con mia grande sorpresa, ho ricevuto risposte da buona parte di loro. La proposta più interessante era quella dell’università peruviana ed è stato così che, nel 2002, sono partita per il Perù, dove sono rimasta per 6 anni: i più belli della mia vita.

2) Vivere e lavorare in Perù è stato uno stimolo o un ostacolo alla tua voglia di viaggiare?

La mia esperienza in Perù è stata un viaggio straordinario. Avere la possibilità di insegnare all’università, avere accesso alle varie istituzioni e alla cultura stessa di un paese tanto diverso dal nostro era già un modo di viaggiare ogni giorno. Ero sempre molto stimolata a viaggiare durante le lunghe vacanze da Natale a Pasqua che lì coincidono con l’estate: tre mesi di cui approfittavo per esplorare tutto il territorio, spostandomi da uno stato all’altro, zaino in spalla. Per tre anni non sono tornata in Europa, ho viaggiato instancabilmente tra Argentina, Brasile, Ecuador, Colombia, Uruguay e tutti gli altri paesi.

Mai un giorno uguale all’altro.

3) In che modo hai vissuto il tuo essere donna e sola in un’esperienza così importante?

Non è stato sempre facilissimo, sono arrivata come donna sola, indipendente, femminista e omosessuale dichiarata in un paese estremamente povero e culturalmente ancora arretrato rispetto a possibili aperture nei confronti di temi come questi. Nei 4 anni che ho vissuto a Lima mi sono sentita abbastanza tutelata da certi punti di vista ma nelle province minori ho avuto diverse difficoltà. Il concetto di privacy è molto relativo; inoltre io vivevo da sola, ero molto indipendente, la sera uscivo con gli amici, viaggiavo tanto e avevo uno stile di vita che poteva essere facilmente criticato.

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4) I trattandosi di una permanenza così lunga, sei entrata in contatto con comunità di italiani in loco?

Secondo me esistono due categorie di italiani all’estero: quelli che, in qualche modo rinnegano le proprie origini e non sentono l’esigenza di frequentare connazionali e quelli che, come me, si adoperano per costruire un gruppo di italiani con cui condividere la propria cultura di origine. A volte si finisce per fare cose che in Italia non faresti mai, vedere insieme le partite di football, ascoltare musica super popolare. In qualche modo diventa una strategia per tenere lontana la nostalgia. Nonostante ciò, dopo sei anni vissuti pienamente e intensamente, ho sentito il desiderio di tornare a casa, mi mancava soprattutto la possibilità di un rapporto orizzontale con le persone, mi sentivo emotivamente molto vicina alle fasce più popolari senza però avere la possibilità di condividere nulla con loro. In Europa questo tipo di disuguaglianze è molto attutita.

5) Pensi che siano zone sicure per le donne che si mettono in viaggio? Cosa consigli?

Personalmente ho viaggiato su tutto il territorio latinoamericano in totale libertà, anche in autostop ma ti mentirei se ti dicessi che non si corrono rischi e che una donna sola può andare ovunque senza problemi. Parliamo di zone infinitamente povere, la micro-criminalità è all’ordine del giorno, soprattutto nelle grandi città, e senza le dovute cautele si può incorrere anche in fatti più gravi. Certo il mio periodo di permanenza è stato molto lungo e sono stata testimone di parecchie vicende, una turista/viaggiatrice che visita il territorio per qualche settimana ha sicuramente meno probabilità di trovarsi in situazioni critiche. Il segreto sta sempre nell’uscire con poche cose addosso, il meno possibile direi, non attirare l’attenzione su di sè.

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6) Dopo avere esplorato tutto il territorio latinoamericano per tanto tempo, quali sono i luoghi più belli che hai visto?

Anche se tutti lo conoscono devo dire che il complesso di Machu Picchu, in Perù, non si può non vedere. Sono stata poi tre volte in Patagonia e, avendo a disposizione un pò di tempo, consiglio di andare in autobus. La maggior parte delle persone prende un aereo da Buenos Aires arrivando subito a destinazione, ma se si viaggia in estate le giornate sono infinite e ci si può godere il viaggio e la luce fino alle 11 di sera. Percorsi infiniti, 3000km di strada per arrivare e godersi lo spettacolo dei ghiacciai, i pinguini, la natura incontaminata. Un altro posto straordinario è sicuramente il Caribe, il mare meraviglioso e indimenticabile dalla Colombia al Venezuela. La Bolivia è un paese estremamente affascinante anche per il suo Salar de Uyuni, il deserto di sale più piatto e più alto del mondo, una dei posti più spettacolari che io abbia mai visto e dove voglio tornare prima o poi. Al confine tra Paraguay, Argentina e Brasile ci sono poi le Cascate di Foz Iguazù, altro luogo di straordinaria bellezza raggiungibile sia dal Brasile che dall’Argentina.

7) Esiste, secondo te, la possibilità di visitare località turistiche in un modo che non sia turistico?

Si, certamente e questa domanda mi da proprio l’opportunità per parlare di Cuzco, località estremamente turistica che offre la possibilità, che pochi ancora conoscono, di essere vista e vissuta in maniera alternativa al solito tour. Da anni vive in quella località una donna italiana, Vittoria, ex insegnante di matematica di Torino, che ha costruito una struttura di accoglienza per giovanissime ragazze vendute dalle famiglie e, in seguito, abbandonate. La struttura è attualmente anche un Bed&breakfast e gli incassi sono totalmente devoluti a questa causa. Tutti gli amici che ho mandato e che hanno soggiornato lì sono tornati entusiasti e mi hanno ringraziato per l’opportunità ( www.caith.org). Questo per quanta riguarda Cuzco ma in ogni località si possono trovare realtà simili. Un altro consiglio che posso dare è di affidarsi, potendo, alle agenzie turistiche locali e non sempre ai grandi tour operator internazionali. Anche vivere un’esperienza di volontariato è sicuramente un modo per avvicinarsi ad un luogo in maniera non solo turistica. Durante i miei anni a Lima ho lavorato come volontaria nel carcere di massima sicurezza, insegnando italiano ai prigionieri politici all’interno di un programma di riabilitazione.

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8) Quali sono stati i momenti che ricordi come più felici legati al tuo lunghissimo viaggio in America latina?

I momenti felici sono stati davvero tanti, tantissimi ma tra i tanti ricordi alcuni sono legati proprio ai lunghi viaggi in bus da Lima a Buenos aires, 4 giorni di viaggio, oppure da Buenos aires alla Patagonia. Anche il tragitto di ritorno dalla Patagonia a Buenos aires in autostop è stato meraviglioso, ero con la persona che amavo ed è stata un’esperienza molto forte, forse quello che si può chiamare “il viaggio della tua vita”. Poi forse non posso non considerare come momento più felice quello in cui mi hanno rilasciata dopo avermi sequestrata per una notte intera con l’intento di svaligiarmi il conto corrente. In quell’occasione ho pensato più di una volta che avrebbero potuto anche uccidermi e quando mi hanno rilasciata sul ponte di Otokongo è facile immaginare come mi sentissi.

9) “OTOKONGO” è anche il titolo del tuo ultimo libro edito da Ibiskos. Come nasce questa idea?

Una volta rientrata dal Perù sono stata contattata dal Centro di Cultura Italiana a Mosca, dove mi sono trasferita per 4 mesi e dove ho iniziato la stesura del mio libro sull’esperienza latinoamericana.

E’ stato un modo per elaborare e chiudere con quel determinato periodo. Ho raccolto alcuni scritti degli ultimi anni e ne ho fatto dei brevi racconti autobiografici. Una breve sintesi, un libro dei viaggi che ho fatto, della situazione socio politica locale. Otokongo è proprio il nome del ponte di Lima in cui sono stata liberata dal sequestro, esperienza che ha marcato la mia esistenza non solo in negativo, anzi, più passa il tempo e più me la marca in positivo. Ogni volta che mi trovo davanti ad una difficoltà si trasforma in una risorsa dalla quale attingo. Rapportato a quell’esperienza, ogni piccolo problema della quotidianità diventa facilmente risolvibile.

10) C’è stato un momento, nel tuo passato, in cui ricordi di aver capito che saresti diventata una viaggiatrice?

Fin da piccola ho sentito il desiderio di andarmene da casa; mia madre era molto autoritaria e io non vedevo l’ora di crescere per avere la mia libertà. Lo devo a mio padre se oggi sono quella che sono, a lui devo il coraggio e la determinazione. Il momento, invece, in cui mi sono sentita realmente una viaggiatrice è stato durante i lunghi viaggi in America latina, nelle lunghe pause lavorative estive, quando esploravo e vivevo il territorio quasi fino a stancarmene, fino a sentire la voglia di tornare a casa e ritrovarne le comodità. In generale, la mia vita è stata ed è un grande viaggio tuttora.

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11) Quali sono i tuoi progetti per il futuro ora che sei tornata in Europa?

Al momento vivo a Bologna, dove mi sono iscritta e sto ultimando gli studi alla Facoltà di lingue. Ho ultimato un master in psicologia e attualmente, oltre ad insegnare italiano e spagnolo, svolgo la professione di Consuelor. Sto lavorando alla stesura del mio quinto e ultimo libro, questa volta in spagnolo, sui miei 15 anni di vicende tra Spagna e Latino America. Scrivere, per me, è un altro modo di viaggiare. Non so se mi fermerò a Bologna, dopo aver vissuto in città con 10/18 milioni di abitanti si sente il bisogno di quel tipo di energia e di circolazione di idee.

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