Viaggiare è essere viaggiati

Quando un gesto banale come chiudersi la porta alle spalle significa ‘sto partendo per‘, una cosa è certa: da qualche parte nel mondo un po’ di felicità ci aspetta.

Irrequietezza, esplorazione, fuga, avventura, pellegrinaggio. Sono tanti i motivi per cui ci mettiamo in cammino verso i luoghi più diversi del globo ma, i luoghi in sé, possono veramente qualcosa? Oppure siamo noi portatori di uno spazio sufficiente a far sì che un viaggio si compia?

Viaggiare è essere viaggiati.

La ricerca di una destinazione è già aprire un varco e lasciare entrare. Nelle fantasie della preparazione, nell’immaginare quello che sarà, dove sarà e come, siamo già attraversati da mari e deserti, da vicoli e strade e da quei panorami che diventeranno, a breve, specchio e rimedio della nostra inquietudine.

 viaggiare è essere viaggiati

 

Oltrepassata la soglia di casa il viaggio prosegue. Possiamo prendere aerei, treni, biciclette o andare a piedi ma il vero mezzo di trasporto su cui ci muoviamo è la nostra percezione. I sensi  si attivano, trovano nuove coordinate per affrontare e interpretare quello che non conosciamo e verso cui abbiamo deciso di andare. Ci attraversano una nuova lingua, o più di una, i fastidi di un jet-lag, odori, profumi, cibi, non per ultimo un clima. Tutto si muove dentro, mentre raccogliamo immagini armati di fotocamera o di carta e penna, il corpo produce memoria, seleziona ricordi, lascia entrare il perimetro di mondo che abbiamo davanti agli occhi come si farebbe entrare un nutrimento, un alimento, ossigeno. E’ Il lato benefico dell’altrove che entra in circolo, è per questo che siamo lì, è per questo che vorremmo non finisse mai.

 

La bellezza di foreste, villaggi e città esiste a prescindere, resta dove l’abbiamo lasciata quando ce ne andiamo, pronta per essere interpretata da chi verrà dopo di noi. Altri occhi, altre intelligenze, altra percezione. E’ la geografia invisibile, quella che ti circola dentro, il vero bottino del viaggio. L’esterno che incontra l’interno.

viaggiare è essere viaggiati

E si è viaggiati anche nel dopo, nell’ultima fase di un breve o lungo nomadismo. Tornare a casa significa ripercorrere, elaborare, trasformare in racconto, forse in nostalgia. Di nuovo attraversati e percorsi da un flusso di immagini, a volte da un senso di spaesamento: dove sono, dove mi trovo? Il mondo continua a viaggiarci, potessimo usare uno scanner e rilevare il nostro ‘didentro’, lo si vedrebbe bene qual è il potere del viaggio: chi siamo prima di partire, chi siamo dopo.

Ecco perché non tutto quello che prevede un’andata e un ritorno può essere chiamato ‘viaggio’. Occorre che ci sia la volontà di lasciarsi riempire da genti e paesi e che ci scorrano dentro come, normalmente, ci scorre il sangue. Mica lo sentiamo che va. Però va.

 

 

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