Il viaggiatore che non viaggia

Prima ancora che di turismo di qualità bisognerebbe parlare di viaggiatori di qualità. Il turismo è il contenitore: i veri protagonisti sono i viaggiatori.

Proveniamo da decenni di viaggi organizzati e la cultura del viaggio, in Italia, deve ancora trovare una forma espressiva che ci connoti come esperti nell’arte di viaggiare.

Secondo un sondaggio condotto da Living Social (social buying), i peggiori turisti al mondo sono gli americani, seguiti a ruota dai cinesi. Questi ultimi, addirittura, a causa del loro comportamento in terra straniera, hanno fatto si che il Ministero del Turismo cinese distribuisse in tutte le agenzie viaggio e nelle biglietterie aeree Il “Manuale per il comportamento corretto dei cinesi all’estero” per aiutare le nuove generazioni in partenza dalla Cina a mettersi in viaggio senza lasciare segni indelebili dietro di sè.

E noi italiani?

Siamo a buon punto: viaggiamo sempre più in maniera indipendente, stiamo lentamente abbandonando l’attaccamento al cibo nostrano, siamo sensibili ai temi della responsabilità e della consapevolezza in viaggio e abbiamo imparato un’altra lingua oltre la nostra. Insomma: abbiamo eliminato i grandi difetti, le abitudini da vacanza-villaggio e il torpedone con i canti alpini. 

Foto Joel Robison

Foto Joel Robison

Come si riconosce, quindi, un viaggiatore che non viaggia?

1) Solitamente ha fretta e vuole vedere tutto, ma proprio tutto, quello che gli hanno consigliato o che ha letto sulla sua guida di fiducia. Non importa se finirà poi per non ricordare la maggior parte delle cose viste. Trangugia monumenti e paesaggi .

2)Non contempla l’idea di spostarsi con mezzi pubblici locali, il suo bisogno compulsivo di archiviare immagini, non solo fotografiche,  non gli permette di assumere i ritmi del luogo che è andato a visitare. 

3) Non entra in contatto con la popolazione locale; frequenta solo ristoranti, alberghi, spiagge dove è sicuro di incontrare altri turisti.

4) Non viaggia mai solo perchè ha paura di non saper gestire gli imprevisti.

5) Compensa il tempo libero del viaggio con delle attività che trasformano quella che dovrebbe essere una vacanza, nel senso di essere vacante, in un surrogato di giornate lavorative. Non lascia spazio all’ozio, all’improvvisazione, al seguire la corrente del posto.

6) Viaggia più per poter dire “ci sono stato” che non per esserci stato veramente.

7) Indossa la divisa del turista/viaggiatore. Ce ne sono di vari tipi, comunque facile da riconoscere.

8) Non si perde mai e, quando capita, non riesce a perdonarsi.

9) Quando incontra altri viaggiatori li intrattiene con interminabili racconti sulle sue imprese di viaggio.

10) Quando torna a casa non elabora nulla dell’accaduto. E’ immediatamente pronto per un’altra meta.

Da molti altri piccoli particolari si può intuire l’abilità di un viaggiatore indipendente nel vivere il potenziale del viaggio ma  essere consapevoli di questi primi dieci potrebbe già voler dire raggiungere un risultato migliore nell’affrontare la propria esperienza. La mia teoria è che viaggiatori si diventa e che il nostro primo viaggio non sarà mai uguale all’ultimo o, come sostiene la scrittrice bolognese Simona Vinci: “I viaggi cominciano molto prima degli autobus, degli aerei, degli elicotteri, delle navi, dei piedi. I viaggi cominciano dentro la testa. È lì che ci si deve spostare, altrimenti, niente si muove”.

 

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