Ida Pfeiffer: due volte il giro del mondo

Ida Pfeiffer, due volte il giro del mondo

Ida Pfeiffer, due volte il giro del mondo

Ida Pfeiffer è una viaggiatrice nata a Vienna che fa due volte il giro del mondo. Il primo viaggio dura 2 anni e 7 mesi circa e la vede partire da Amburgo in direzione Rio De Janeiro, Capo Horn e Valparaiso, attraversare il Pacifico approdando a Tahiti, Macao, Hong Kong, Canton, Singapore, Ceylon; risalire l’India e  dirigersi verso il Mar Nero attraversando Persia, Mesopotamia e Asia Minore. Dalla Grecia tornare quindi verso Vienna sbarcando a Trieste.

Il secondo, invece, dura più di 4 anni e la impegna nel senso opposto: da Londra fino a Città del Capo, per proseguire verso il Borneo dove entra in contatto con i territori e le comunità dei tagliatori di teste del Dayak. Dopo Giava e Celebes, attraversando l’Oceano Pacifico arriva in California per percorrere gli stati americani del nord e del sud.

Inizia a viaggiare tardivamente, all’età di 45 anni, dopo una vita trascorsa in famiglia, moglie e madre di 2 figli, dedita alla vita entro le mura di casa. Eccezionale la sua storia, il suo irrefrenabile desiderio di vedere, la sua caparbietà ed il suo coraggio che le permettono di spostarsi con tutti i mezzi a disposizione via terra, via mare e anche a piedi. Nel suo lunghissimo “pellegrinaggio” intorno al mondo percorre circa 140 mila miglia marine e 20 mila miglia via terra. Normalmente viene descritta come ‘donna nata col senso del viaggio’, portatrice di quella che si può definire ‘arte di viaggiare’ e, se non fosse che la sua storia è ambientata nella prima metà del 1800 non ci sarebbe quasi nulla di cui stupirsi.

Pare che il momento in cui Ida capisce che vuole realizzarsi attraverso i viaggi sia nel 1836, quando va a Trieste e vede il mare per la prima volta. Nel 1842, dopo aver svolto i suoi compiti di madre e moglie devota, parte da sola per la Palestina. Naviga il Danubio su un battello a vapore, attraversa Turchia e Libano raggiungendo la Terrasanta. Farà rientro a Vienna dopo aver attraversato  Egitto, Malta e risalito l’Italia intera. Da quel momento la sua biografia si fonde con la sua storia di viaggiatrice.

Considerata la più grande viaggiatrice del primo ‘800, appassionata di scienze naturali fin da bambina e avviata allo studio della geografia dal suo precettore, Ida Pfeiffer detiene un ruolo di fondamentale importanza nella divulgazione del sapere geografico del secolo XIX. Ruolo riconosciuto ufficialmente anche della Società geografica di Parigi che per prima consente l’ingresso alle donne nonostante la misogina cultura dei tempi.

Dotata di un intuito da esploratore, Ida tiene regolarmente dei diari di viaggio, pubblicati poi al rientro e i cui introiti serviranno a finanziare viaggi futuri, in cui annota tutto ciò che incontra con dovizia di particolari e un’attenta e rigorosa capacità di osservazione. Organizza i suoi spostamenti in totale autonomia, si addentra in territori dalla scarsa accessibilità, a volte del tutto inesplorati e viaggia con bagaglio ridotto a meno del necessario. Molto materiale per poter scrivere e un unico lusso: un cuscinetto per le notti all’aperto. Si distanzia molto anche in questo dalle altre viaggiatrici del suo tempo e ai commenti non sempre benevoli sulle sue scelte di vita e sulla manifestazione della sua femminilità, Ida risponde:

“Sorrido pensando a tutti coloro che, conoscendomi solo per i miei viaggi, si immaginano che io debba assomigliare più a un uomo che a una donna.Come mi giudicano male! Chi mi conosce sa che quelli che si aspettano di vedermi alta sei piedi, ardita nelle maniere e con la pistola alla cintura, troveranno invece in me una donna calma e riservata come la maggior parte delle donne che non hanno mai messo piede fuori dal proprio villaggio”.

Tuttavia, nel corso del tempo, Ida inventa una “divisa” da viaggiatrice per eludere la scarsa praticità del consueto abbigliamento femminile e nel volume “Mon second voyage” tratto dai diari del primo viaggio intorno al mondo, scrive:

Ida Pfeiffer

Ida Pfeiffer

“Mi ero fatta cucire un completo semplice e adatto al viaggio. Portavo pantaloni che mi arrivavano alle ginocchia, gonna e una casacca. La gonna arrivava alla caviglia ma durante la marcia la rimboccavo e la riabbassavo alla fine della giornata. Sulla testa avevo un magnifico cappello di bambù di Bali, impermeabile, che mi riparava dalla pioggia e dal sole. Per ripararmi ancor meglio dai colpi di sole tenevo sulla testa, sotto al cappello,un pezzo di foglia di banano. Quanto alle calzature, fu necessario che rinunciassi alle calze e in parte anche alle scarpe perchè si dovevano attraversare diverse paludi”.

L’ultimo viaggio vede Ida Pfeiffer approdare in Madagascar nell’agosto del 1857 dove resterà a lungo e da dove verrà espulsa per ragioni politiche. Farà ritorno a Vienna dove morirà nell’ottobre del 1858. L’introduzione del diario di viaggio in Madagascar  fornisce una sorta di autobiografia nella quale la viaggiatrice e scrittrice austriaca lascia in eredità gli strumenti per capire e interpretare il senso della sua vita in relazione al viaggio.

“Ciò che ella ha soprattutto descritto, se non profondamente studiato, è il mobile panorama rappresentato dai popoli: sono gli usi e i costumi [..] Possedeva questa prontezza di osservazione a un tale grado che il primo viaggio è completo e preciso quanto il secondo. Pare che non abbia bisogno di acquistare esperienza: era nata con il senso del viaggio”.  C. Lavollée, Revue des deux Mondes

 

 

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